La morte durante lo sport

La morte durante lo sport

 

La morte durante lo sport è una fatto che colpisce molto l'opinione pubblica, ma è una chiara dimostrazione di come sia povero l'intuito statistico nella popolazione. Se si considera per esempio il numero di partecipanti alle maratone italiane e il tempo di percorrenza, non è difficile mostrare che il numero di morti durante le maratone è inferiore rispetto a quello di un'analoga popolazione casuale monitorata per un tempo equivalente: in altri termini, ritenere immediatamente la corsa la causa della morte è forzato, come forzato sarebbe il giudicare "cause" le attività che il soggetto stava compiendo (lavoro, guardare la televisione, sistemare il giardino, fare l'amore ecc.).
Questo articolo è rivolto a medici sportivi, atleti in attività, sedentari. Lo scopo è diverso per ogni categoria. 
Ai medici sportivi vuole evidenziare come la morte da sport sia un fatto tutto sommato molto improbabile. Troppi medici sportivi adottano nella loro attività un atteggiamento iperconservativo che alla fine penalizza l'atleta. Tipicamente vengono disincentivati alla pratica sportiva atleti perfettamente sani sulla base di sospetti, accertamenti da eseguire ecc. La risposta classica (e non scientifica) è: "non hai niente, ma è meglio se non fai sport". Questa scarsa professionalità porta l'atleta, soprattutto se amatore e avanti con l'età, a passare dalla parte opposta della barricata, diventando un sedentario convinto, e probabilmente a morire prematuramente d'infarto dieci soli anni più tardi, dopo essere ingrassato di quindici chili. Il medico sportivo deve cioè assumersi la responsabilità di dichiarare non idoneo un atleta solo se è malato:

non esistono soggetti sani e non idonei!

All'atleta in attività questo articolo vuole da un lato insegnare come difendersi da tutti coloro che attaccano lo sport come fonte di potenziali danni fisici e dall'altro a integrare la pratica sportiva con altre scelte di vita: non ha senso fare sport se non si segue un'alimentazione corretta o non si cerca di limitare lo stress del proprio lavoro. 
Al sedentario che ha paura di fare sport perché basta una corsettina di cento metri a fargli sentire il cuore in gola, l'articolo insegnerà che chi muore di sport è già un individuo malato. I sedentari che si ritengono sani possono tranquillamente fare sport. 
Infatti la morte improvvisa è in genere dovuta a un blocco della funzionalità cardiaca dovuto a una causa meccanica o più frequentemente elettrica. Perché avvenga, occorrono due fattori (ripeto DUE): un evento scatenante e un cuore malato
morte da sportL'evento scatenante può essere legato alla corsa (mancanza di ossigeno, acidosi lattica, aumento della temperatura corporea ecc.) mentre il problema cardiaco può essere noto o meno. Molte patologie cardiache sono rilevabili con semplici esami come elettrocardiogramma o ecografia cardiaca. Quest'ultima è spesso consigliata dopo una visita sportiva, allarmando l'atleta più del dovuto: si tratta comunque di un esame di routine che viene richiesto a una percentuale molto alta di soggetti che si sottopongono alla visita sportiva. Le patologie come la cardiomiopatia ipertrofica, la malattia aritmogena del ventricolo sinistro*, la sindrome di Marfan, la miocardite, le anomalie congenite delle arterie coronarie, la stenosi aortica in valvola bicuspide, il QT lungo idiopatico*, il Wolf-Parkinson-White sono per fortuna patologie poco comuni e sicuramente non la causa principale di morti da sport. La causa principale di gran lunga più probabile della morte da sport è l'arteriosclerosi coronarica, cioè in parole povere l'infarto
Ciò spiega come l'atleta allenato sia in genere protetto più del sedentario che affronta una prova sportiva: in realtà molte morti da sport colpiscono atleti occasionali (la classica partitella a calcio fra amici o la partita di tennis alle due del pomeriggio), gli sportivi della domenica, tanto per intenderci. Sono soggetti predisposti perché il loro cuore è già intaccato dall'aterosclerosi coronarica. Anche atleti di un certo livello possono presentare il problema: un atleta, la cui autopsia rivelò la completa occlusione di un vaso coronarico, tre settimane prima aveva corso la maratona in 3h06' (fonte Macchi e Franklin). La stessa fonte cita che il 77% degli atleti deceduti presentava aterosclerosi coronarica e il 32% ipertensione arteriosa. 
Da tutto ciò è molto facile dedurre che: 
a) aiutando a diminuire l'indice di rischio legato al colesterolo e i trigliceridi nonché la pressione arteriosa, la corsa diminuisce la probabilità di rischio in caso di sforzo fisico (un'attività sportiva, lavorativa o una situazione occasionale, come rincorrere l'autobus); 
b) chi corre deve però tenere presente che la protezione non è assoluta e che trigliceridi, colesterolo e pressione arteriosa vanno sempre tenuti sotto controllo. 

Correre piano perché il cuore 

Una delle sciocchezze più grandi che si sentono normalmente dire nel mondo del fitness è che è consigliabile (soprattutto se si ha una certa età) correre piano per evitare problemi cardiaci. Alla luce di quanto detto sopra, dovrebbe essere evidente che questo consiglio è inutile e fisiologicamente assurdo; l'unico scopo che ottiene è di limitare grandemente le possibilità sportive (e quindi salutistiche) del soggetto.
Purtroppo il diffondersi dell'uso del cardiofrequenzimetro ha fatto sì che fosse un facile alibi per medici e trainer (che non si preoccupano di verificare attentamente la salute dell'atleta) e per soggetti ipocondriaci (sempre preoccupati per la propria salute) o svogliati (non è necessario fare fatica!). A questi personaggi sfugge completamente il fatto che un cuore sano (se non lo è è meglio non correre) ha meccanismi di controllo tali che impediscono il suo danneggiamento, a qualunque intensità si corra.
 

Displasia aritmogena del ventricolo destro - È una malattia cardiaca responsabile di morte improvvisa in giovani sottoposti a stress fisici. Nel 2000 un'equipe di ricercatori padovani guidati da N. Tiso ha scoperto l'origine genetica della malattia: il responsabile è il gene (Ardv2) di un recettore delle cellule cardiache che controlla la concentrazione del calcio durante il lavoro cardiaco. Il test (il cui costo si aggira sul milione e mezzo) potrà essere applicato con successo ai membri di famiglie in cui si sia già verificata (o sia stata semplicemente sospettata) la patologia.
Sindrome del QT lungo - È una rara aritmia cardiaca che può essere fatale in soggetti giovani. La causa della sindrome del QT lungo sembra essere di natura genetica. P. J. Schwartz ha scoperto (2000) che il 35% delle morti in culla (una sindrome che colpisce un neonato su 1000 ed è la prima causa di mortalità nei paesi occidentali) è correlabile con la sindrome del QT lungo